LE INTERVISTE DI CARLO NARDI

STORIA DI UN BOMBER SEMPRE A TESTA ALTA, IN CAMPO E NELLA VITA E DELLA SUA SQUADRA-FAMIGLIA

Giorgio Buffone da Canistro (Aq), classe 1955 professione attaccante, anzi, per l’esattezza, Bomber. Un attaccante completo, oggi diremmo moderno. Con le sue doti di corsa, potenza fisica abbinata a grande agilità, facilità di tiro; ottimo colpitore di testa e senso innato del gol, non avrebbe difficoltà a calarsi oggi negli schemi pieni di tattica dei nostri tempi: sono sicuro che ripiegherebbe a coprire il centrocampo ed avrebbe ‘benzina’ per fare tanti gol. Giorgio Buffone ha segnato 50 gol con la maglia Giallorossa e questo lo pone di diritto nella “Hall of Fame” dei ‘Senza Testa’. Veniva dal Cesena e rimase 5 anni, uno in ‘D’ e gli altri in C2, “Rischiando – come ricorda lui stesso – anche la C1”. Lo becco al telefono mentre cammina sul lungomare di Cattolica, divenuta sua residenza dopo una carriera passata sui campi e dietro le scrivanie di tante squadre delle Marche e della Romagna. “Che piacere – mi dice – Ma perché mi chiami? E’ successo qualcosa?” “Non ancora Giorgio – faccio io – ma succederà sabato: torna il derby con l’Anconitana dopo ben 37 anni!” “ Oddio! – sobbalza – Non mi dirai!” E così comincia a sciogliersi nei ricordi rinfrescando emozioni e dilatando sensazioni.

Ci sei ancora o sei caduto? Si Sabato torna il derby. Che mi dici?

Che è la sensazione più bella che abbia mai provato. Per l’intensità agonistica, per l’atmosfera, per il senso di appartenenza alla tua squadra che solo partite come questa sanno trasmettere. In una Città come Osimo si viveva quasi in funzione del Derby. Sfidare l’Ancona, squadra di una città ben più grande, ti caricava a mille. Il Diana si vestiva a festa, ma anche al Dorico era uno spettacolo. Spalti gremiti, cori, atmosfera da serie maggiori. Bellissimo.

Poi ti divertivi ance sul campo?

Certo. Erano sempre battaglie fisiche, sia con Capra che con Piccinini, due tosti che poi si vendicavano delle bastardate di Ceppi!

E che c’entra Ceppi?

Che c’entra? Lui in casa picchiava come un fabbro gli attaccanti avversari e faceva anche di peggio! Poi quando andavi fuori casa, il sottoscritto, Tassi, ma anche Antignani, Ghetti e Chimenti, con cui feci coppia negli anni, ne pagavamo le spese. Ancora oggi se penso alle botte che ho preso per colpa sua, mi sale la pressione.

Cosa ti è rimasto di quegli anni?

Il sentimento che porto con me è quello della ‘squadra-famiglia’ con Di Giacomo a fare da padre a tutti noi. Gegé era incredibile. Faceva di tutto in campo e negli spogliatoi: indossava la sua canottiera di lana a coste da vero pescatore di Porto Recanati e si calava nel ruolo di allenatore, preparatore dei portieri, preparatore atletico, addirittura non esitava a fare il massaggiatore, quando le esigenze lo richiedevano ed il povero Ludovichetti, anziano massaggiatore anche menomato di un occhio, non ce la faceva a seguirci tutti. Gegè, sempre in canottiera, si ungeva le mani e giù di massaggi. Un grande mister, un grande uomo, un secondo padre. Il momento più emozionante era quando il Mister dava la formazione prima della partita e ti consegnava la maglia: un gesto importante come a dire “ti ho scelto, mi fido di te, onorala con il massimo dell’impegno”. Un rito dalle forti sensazioni. Della squadra-famiglia faceva parte anche Antonio Taffo, capo ultrà recentemente scomparso ai cui cari va il mio affettuoso ricordo. Se Gegé era il nostro secondo Padre, “Il Barone” era un fratello maggiore con cui parlare e stemperare le ansie del campo con indimenticabili convivi nel ritiro di Osimanello. Ciao Antonio.

Adesso che fai?

Il pensionato. Il calcio, dopo la vicenda che mi ha coinvolto, mi è venuto un po’ a nausea. Ci tengo che gli osimani sappiano che Giorgio Buffone cammina a testa alta, ha scontato la sua squalifica ed è sereno. Ho pagato per aver salvato una società (il Ravenna) ed un presidente che ho servito con abnegazione per dieci anni. Questo si deve sapere, colgo l’occasione perché si sappia. Ci ho messo la faccia ed ho pagato solo io, scaricato da quanti mi avevano coinvolto. Un brutto capitolo che si è chiuso, ma che ti lascia l’amaro in bocca.

Grazie Giorgio. Nessuno ad Osimo dimentica le tue 50 perle, nessuno dimentica la tua gentilezza e la tua professionalità.

 

Carlo Nardi

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